corinto - Lorenzo de' Medici, giovane poeta

150,00 €

Edizione composta a mano in caratteri mobili.

Tiratura di 183 esemplari numerati, così ripartiti:

.145 su carta vergata Magnani allestita a Pescia, Pistoia (150 €);

. 19 su carta bianca Amatruda allestita ad Amalfi (280 €);

.11 su carta crème Hodomura allestita in Giappone (550 €);

. 4 su carta al tino* Magnani di puro cotone allestita a Pescia. Tiratura esaurita (600 €);

. 3 su carta al tino* Hosho allestita in Giappone (800 €);

. esemplare unico su carta Magnani ruvida (non in vendita).



(*) La carta al tino è allestita a mano foglio per foglio.

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La figura di Lorenzo de' Medici incarnò l'ideale umanistico: il suo ingegno si espresse infatti tanto nell'arte della politica, quanto nell'esercizio delle lettere e nel mecenatismo.

Aveva soli 15 anni quando scrisse Corinto, poemetto in rima che culmina nell'invito a godere della giovinezza finché si è in tempo, poiché, come scrive, “vana cosa è il giovenil fiorire”.

L'osservazione delle rose coltivate nel suo orto (vv. 163-184) diviene metafora della fugacità della giovinezza ("cogli la rosa, o ninfa, or ch'è 'l bel tempo!", v. 184), e costituisce un vertice di squisito lirismo:



Nostro solo è quel poco ch'è presente,
né il passato o il futuro è nostro tempo:
un non è più, e l'altro è ancor niente.
(vv.181-183)



***

Un volume nel formato 24mo (9x14 cm) di 90 pagine composte a mano coi i tipi Garamond.
In particolare, per l’introduzione e la nota finale sono stati scelti i tipi Garamond Deberny corpo 10 incisi a mano da Henri Parmentier nel 1914 e fusi da Deberny a Parigi; mentre i versi del Corinto sono stati composti coi i tipi Garamond corpo 10 corsivi incisi a mano sotto la direzione di Rudolf Wolf nel 1925 e fusi da Stempel a Francoforte.
Infine, le note al testo e la bibliografia sono state composte a mano in Garamond Deberny corpo 8.


Il volume è inserito in un doppio cofanetto rigido realizzato a mano su misura, rivestito esternamente con carta Ingres e recante sul dorso il titolo impresso tipograficamente.

Edizione a cura e con un saggio introduttivo di Christian Rivoletti, professore ordinario di Filologia romanza all'Università di Erlangen-Nürnberg.



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La stesura del Corinto, o Innamoramento di Lorenzo, coincide con la passione di Lorenzo quindicenne per Lucrezia Donati, di due anni più grande. Similmente, nel poemetto si racconta dell'amore del pastore Corinto per la bella ninfa Galatea. Galatea lo fugge, ritrosa alle profferte e agli struggimenti dell’innamorato.
Corinto tenta inizialmente di conquistarla enumerando le sue ricchezze e vantando la sua prestanza e il suo coraggio; poi, per esortarla a godere della sua giovinezza finché è in tempo, le descrive in versi soavissimi quanto effimera e transitoria sia la bellezza delle rose coltivate nel suo piccolo orto:

      Eranvi rose candide e vermiglie:
alcuna a foglia a foglia al sol si spiega;
stretta prima, poi par s’apra e scompiglie:
altra più giovanetta si dislega
a pena dalla boccia: eravi ancora
chi le sue chiuse foglie all’aer niega:
altra, cadendo, a piè il terreno infiora.
 Così le vidi nascere e morire
e passar lor vaghezza in men d’un’ora.
Quando languenti e pallide vidi ire
le foglie a terra, allor mi venne a mente
che vana cosa è il giovenil fiorire. 
     Nostro solo è quel poco ch'è presente,
né il passato o il futuro è nostro tempo:
un non è più, e l'altro è ancor niente.
    Cogli la rosa, o ninfa, or ch'è 'l bel tempo!

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«In questi versi pare di cogliere l'ispirazione segreta di tutte le poesie di Lorenzo de' Medici, uomo potente in tutto e fortunato, e tuttavia, nel cuore, insoddisfatto (“In tutta la vita mia, avvenga che più onore e grado abbia conseguito che a me non si convenia, pure rari piaceri e poche altre cose secondo il desiderio mio ho vedute”). Altrimenti, egli avrebbe potuto bensì essere il Magnifico Lorenzo, ma non Lorenzo de' Medici, un poeta.

«Se Mecenate, oltre che stimolare, in gloria di Augusto, la poesia di Virgilio e di Orazio, avesse avuto il capriccio di verseggiare egli stesso, è assai dubitabile che le sue poesie, certo lodatissime dai contemporanei, sarebbero sopravvissute all'illustre dilettante. Lorenzo de' Medici, nella Firenze della seconda metà del Quattrocento, che, governata da lui, acquistava il nome di nuova Atene dell'Occidente, fu insieme l'Augusto e il Mecenate; e tra Luigi Pulci e Angiolo Poliziano, poeti ai quali egli era cordiale patrono, compose poesie proprie, che nessuno mai confuse con i prodotti di un signorile dilettantismo. Col tempo, le poesie di Lorenzo de' Medici, anziché perdere pregio, ne hanno acquistato. 

«Lo storico inglese dei Medici G. F. Young ha potuto scrivere: "In Lorenzo de’ Medici la proverbiale intelligenza della famiglia aveva toccato il culmine. Probabilmente, nessun altro uomo al mondo ha mostrato tanti talenti per le cose più disparate"» Giulio Caprin (da Poemetti e Canti Carnascialeschi, Tallone, 1947).

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Cucita a mano per durare nel tempo, questa edizione è allestita in un atelier tipografico in funzione dalla fine del Settecento, dove tradizione e ricerca estetica si fondono per permettere la migliore esperienza di lettura possibile.

L’editore non impiega i rapidi sistemi di composizione a tastiera monotype e linotype, spesso confusi con la tipografia manuale. Egualmente non usa il fotopolimero, che comporta il trasferimento di composizioni digitali su cliché di plastica.

Scheda tecnica

Dimensioni (cm)
9x14